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Morire per Rinascere: Il Significato Profondo degli Attacchi di Panico

psicoterapia monza
attacchi di panico

Qualche giorno addietro ascoltavo il noto podcast @OneMoreTime.

 

Il conduttore e l’ospite affrontavano, tra i molti argomenti, il tema della salute mentale. In particolare, il presentarsi del fenomeno chiamato attacchi di panico.

 

Entrambi ne avevano sofferto e, in tal senso, si confrontavano su quali strategie fossero le più efficaci per gestire, contenere e far rientrare il senso di panico che l’attacco porta con sé.

 

Chiaramente li ascoltavo interessato.

 

Due personaggi noti, un podcast seguito da un numero esteso di persone ha il merito di sdoganare e anche di plasmare il sentire e il percepire la concezione degli ascoltatori. Stavano facendo cultura e, credo, di questo sia importante dare merito.

 

Come fanno i bimbi, dato che orgogliosamente continuo ad esserlo, mentre ascoltavo, mi domandavo cosa avrei risposto se mi avessero interpellato sul tema.

 

Avrei raccontato come negli ultimi anni, non avendo frequentato il liceo, ho scelto di recuperare ed approfondire la mitologia greca e tra le molte figure con cui mi sono confrontato c’è anche il Dio Pan. Il termine “panico” deve la sua origine proprio a questo Dio.

 

Zampe e corna di capro e busto di uomo, Dio greco della natura, dei boschi e della vita agreste. Di indole allegra, ma capace di violenza ed ira. Coacervo di forze oscure, istintive, erotiche, indomabili e profondamente vitali.

 

Leggenda narra che Pan comparisse improvvisamente nei boschi o lungo il corso dei fiumi. I malcapitati che lo incontravano venivano accolti da un urlo ferino, acuto e terrificante, l’urlo di Pan che provocava il noto “terror panico”.

 

Un’interpretazione corretta, ma a mio avviso non esaustiva, si concentra sulla fase della giornata nella quale Pan faceva la sua comparsa: mezzogiorno, quando la luce massimamente rischiara e tutto intorno a noi è percepibile. Pan si manifesta per rammentare all'uomo che si illude di governare la sua esistenza mediante la logica, che in lui dimora l’istinto, l’animalità di cui caratteristica fondante è l’impeto e la repulsione agli argini, nonché la sua essenza mortale.

 

Credo molti di noi avranno avuto modo di sentire Umberto Galimberti rimembrarci di come la parola greca per designare l’essere umano sia: il mortale. Pan ci ricorda della nostra periturità. Non credo sia un caso che gli attacchi di panico insorgano poco dopo la morte di una persona a noi cara o in una ricorrenza ad essa associabile.

 

Questa presa di coscienza, quando così subitanea, è terrificante, pietrificante e trasfigurante al punto tale da essere noi stessi a sperimentare in prima persona l’esperienza del morire. Chi ha attraversato un attacco di panico pensa infatti di stare spirando.

 

Questa spiegazione, per quanto possa essere corretta ed interessante, è però parziale se non consideriamo il significato della parola “Pan”: tutto, interamente. Un tutto che è frutto di un mettere insieme, aggregare, integrare, combinare.

 

L’urlo ferino di Pan è una chiamata emergenziale che, a mio avviso, ci chiama all'integrazione, ad un’urgenza non più rimandabile, non oltre posticipabile, che richiede di espandere ciò che fino ad oggi siamo stati o ciò che fino ad oggi ha sostanziato ciò che ci ha reso tali.

 

L’attacco di panico è, in tale ottica, lava che preme per eruttare, uscire dalle profondità del nostro essere e comparire alla luce. È una parte di noi che esige un parto e produce in noi, nella logica di opposti che si toccano, un senso di morte. Ciò che siamo stati sta infatti morendo per lasciare la scena ad una versione di noi più completa ed integrata.

 

Mi piace quindi pensare e concepire l’attacco di panico come una possibilità, una possibilità obbligata, che il tempo della nostra esistenza ci pone sulla strada che porta al nostro futuro.

 

Come quindi affrontare un attacco di panico? Ovvio. Diventando un po’ più noi stessi, integrando contraddizioni.

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