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Il Timore di Essere Dimenticati: Desideri Effimeri, Memoria e Sovraesposizione nei Social Media

 

Viviamo in un'epoca in cui tutto nasce con prepotenza, ma altrettanto velocemente si dissolve. Questo è particolarmente evidente nei desideri immediati che ci guidano nella vita quotidiana: che si tratti di un paio di scarpe nuove, di una vettura fiammante, di una posizione lavorativa da conquistare, di una ragazza da sedurre o di un luogo esotico da esplorare, ogni desiderio diventa immediatamente assoluto, urgente e da soddisfare senza indugi. Tuttavia, una volta appagati, questi desideri svaniscono con una noncuranza totale, come se non fossero mai esistiti.

 

Questa continua caccia al desiderio e al suo immediato soddisfacimento crea una spirale di esperienze che si susseguono senza mai lasciare tracce durevoli. Ma ciò che regge questo ciclo frenetico è la nostra capacità di dimenticare.

 

Per passare a nuovi desideri – una nuova collezione di scarpe, una macchina più recente, una persona diversa o un altro lavoro – dobbiamo prima dimenticare ciò che ci ha dato soddisfazione in passato. Dimenticare è essenziale, e ciò che possiamo scordare ha un valore ridotto, perché non possiamo più "riportarlo al cuore". La memoria diventa selettiva, riducendo ogni desiderio passato a mera ombra di ciò che è stato.

 

L’ansia della dimenticanza si è accentuata, soprattutto negli ultimi mesi, con la crescente sovraesposizione sui social media. Ho ridotto il mio uso di piattaforme come Facebook e Instagram e, osservando il comportamento degli altri, ho notato un timore profondo di essere dimenticati. In un mondo che vive di condivisione continua, siamo spinti a pubblicare contenuti, a esporre la nostra vita per affermare la nostra esistenza. Ma cosa accade quando non siamo più presenti online? La paura di scomparire dalla memoria collettiva ci spinge a cercare visibilità in ogni momento.

 

Personalmente, mi sono chiesto se continuerò a essere ricordato come persona e professionista se dovessi defilarmi dai social. Ho avuto la sensazione che il non pubblicare, il non cercare costantemente approvazione online, possa essere un vero privilegio. Un privilegio che ci permette di essere ricordati senza insistere, senza dover continuamente "bussare" alla porta della memoria degli altri.

 

Ritirarsi dalla sovraesposizione digitale, quando fatto consapevolmente e senza ansie o insicurezze, potrebbe essere l'atto di maggiore libertà che possiamo permetterci in un mondo che tende a ridurre la nostra identità a una costante performance digitale.

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